Trapani, concesso il cambio nome a una transgender: aveva rifiutato l’operazione

Transgender di nome ma non di fatto. Il primo caso unico in Italia: ecco perché è stato possibile farlo e le motivazioni della sentenza.

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La sentenza del Tribunale di Trapani: ecco cosa stabilisce (Canva) – GRAZIAMAGAZINE.IT

La battaglia sui diritti civili Lgbtqia+ in Italia sembra essere arrivata ad una svolta. La decisione del Tribunale di Trapani di concedere il cambio di nome e l’identità di genere all’anagrafe senza aver effettuato alcuna terapia ormonale o operazione chirurgica di riassegnazione del sesso, viene accolta con una vittoria non solo per la donna protagonista. Emanuela lottava per il diritto al cambio del nome da oltre vent’anni, quando aveva deciso di intraprendere la strada totale verso la femminilità.

In un’intervista rilasciata a Repubblica, Emanuela ha commentato la sentenza dichiarando prima di tutto le motivazioni che l’hanno spinta a non voler entrare nel giro delle operazioni di rassegnazione del sesso per via chirurgica o dei trattamenti ormonali. La transgender ha infatti spiegato che l’alta invasività del trattamento e le conseguenze erano per lei un percorso troppo tortuoso da affrontare e non se l’è sentita di continuare, ma a tutti gli effetti si è sempre sentita donna. Così ha deciso di combattere almeno per cambiare identità di genere, ottenendo dopo anni il riconoscimento che aspettava.

Cambio di nome e identità senza operazione: il primo caso in Italia

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I diritti transgender e la sentenza di Trapani: i dettagli del caso (Canva) – GRAZIAMAGAZINE.IT

La sentenza di Emanuela è stata frutto di lunghi anni di battaglie identitarie e si è concluso nel modo migliore per la donna solo grazie ad un principio preso da una precedente sentenza della Corte di Cassazione. In quel caso, fu consentito ad un’altra transgender di identificarsi davanti alla legge come donna prima dell’operazione già in programma. L’altra transgender, dunque, aveva avuto il lascia passare identitario perché la sua operazione chirurgica di riassegnazione di sesso era già pianificata, ma questo cavillo è stato ciò che ha permesso ad Emanuela di fare la stessa cosa.

E’ bene infatti tenere presente che secondo la legge italiana per poter cambiare la propria identità di genere sui documenti e all’anagrafe è obbligatorio che il percorso che porta alla riassegnazione del sesso, chirurgico e ormonale, sia in corso o in programmazione. Nel caso preso ad esempio dal legale di Emanuela, Marcello Mione, la sentenza risale al 2015 e l’intervento era già stabilito. Per Emanuela, però, non è stato così e la strada è stata tutta in salita. La 53enne di Erice, in provincia di Trapani, non si è data per vinta e ha voluto provare fino a che non è riuscita nel suo intento.

L’avvocato della donna ha infatti specificato, con testo alla mano, il principio espresso dalla Corte di Cassazione a cui hanno fatto riferimento: “L’intervento chirurgico modificativo dei caratteri sessuali non incide sulla fondatezza della richiesta di rettifica anagrafica”. Dunque, nel caso di Emanuela, nonostante non abbia intrapreso un processo chirurgico o ormonale per affermare la sua identificazione di genere, questo non incide sulla percezione della sua identità. Pertanto, con questo criterio, Emanuela ha ottenuto la sentenza che sperava. Il 6 luglio è stata così la giornata della sua liberazione, permettendo così alla gioia di poter prendere il sopravvento raccontando la sua storia.

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La battaglia per i diritti transgender: la storia di Emanuela (Canva) – GRAZIAMAGAZINE.IT

Ma con questa sentenza la donna transgender si augura anche che la sua esperienza possa essere d’esempio per chi vive la sua situazione. E per chi lotta per il riconoscimento dei diritti civili.

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